lunedì 4 luglio 2011

quel che ho imparato a Chiomonte

Gli effetti benefici del bicarbonato e l'uso alternativo dei limoni: ieri ho imparato come alleviare il fastidio arrecato dai gas lacrimogeni con mezzi di fortuna.

Ho imparato l'importanza della strategia e del coordinamento di qualunque movimento, minuscolo o maiuscolo, che si tratti di organizzazione politica, di guerriglia o di fuga.

Ho imparato soprattutto dagli anziani della Valsusa, a loro volta smaliziati dall'esperienza e dalla collaborazione con chi - per motivi diversi più o meno nobili - è avvezzo al confronto diretto con il bastone dell'autorità.
Ora che anni di proteste partecipate e pacifiche messe sotto silenzio o strumentalizzate per raccogliere consensi hanno esasperato gli animi di chi difende le sue ragioni dimostrando l'inefficacia di qualunque confronto civile è successo l'inevitabile.

Ho conosciuto la rabbia sassaiola dell'impotenza che il più delle volte rimbalza sul muro di scudi dei robot ammaestrati – caschetto blu e manganello - rabbia che si rinnova ascoltando le dichiarazioni ipocrite e confezionate con meticolosità dalle sartine dell'informazione generalista.

Ho imparato che viviamo in paesi diversi pur condividendo lo stesso territorio - io, mia madre, le forze dell'ordine e chi dovrebbe rappresentarci per esempio - ciascuno con la sua propria consapevolezza delle cose del mondo connotata da una sua personale concezione (e buona fede) della (e nella) democrazia.

Le diverse anime della protesta: chi manifesta per solidarietà, chi per sfogare la propria frustrazione, chi per socialità, chi per necessità. Ciascuno, certo, con le proprie contraddizioni volendo esaminare le cose da un punto di vista scientifico.

Di norma è il punto di vista umano quello che più m'interessa, anche se è l'interpretazione politica a suscitare in me i più acuti spasmi di sdegno.


Un amico si è procurato qualche maschera antigas e ce l'ha regalata prima di unirci alla manifestazione; aveva con sé anche una fionda, innocua in realtà, anche perché in fondo da tempo abbiamo smesso di credere alla favola della vittoria di Davide su Golia.
Questo ed altri miei amici hanno scelto la via dei boschi, quella che avrebbe tentato la riconquista del cantiere.
Nessuno di loro è un delinquente, solo credono nella necessità di azioni pragmatiche e concrete davanti all'indifferenza nei confronti delle parole e delle dimostrazioni di piazza.
Ci avessero fermato per un controllo probabilmente saremmo rientrati nella categoria dei black bloc di cui parlano oggi i principali giornali. Magari ci avrebbero anche arrestati con tutte le imprevedibili conseguenze del caso.
Io e altri invece ci siamo uniti al corteo ufficiale, quello formato anche da famiglie con bambini e anziani poco avvezzi allo scontro fisico. Sono consapevole dei miei limiti.

Molti tra i partecipanti avevano con sé mascherine e occhialini, perché si sapeva già che la polizia avrebbe lanciato lacrimogeni: è il loro modo di rispondere a determinate azioni. Come si sapeva già che i manifestanti avrebbero cercato di riprendersi presidio e cantiere: erano azioni e reazioni predeterminate in entrambi i casi.
C'erano bambini con i genitori a pochi metri dai poliziotti; ho invidiato la loro “educazione politica”, così come la forza d'animo, la partecipazione coraggiosa e commovente di gente diversa con motivazioni personali e uguali nello stesso tempo.
Facce già viste ai presidi - quelle volte in cui ho aderito alle iniziative organizzate dai comitati No Tav - ma anche facce già viste in altre manifestazioni a Torino e facce a me sconosciute, più o meno giovani, vive e indignate, anche di altri paesi.

Ho imparato che i celerini se hanno ordine di lanciare lacrimogeni, anche ad altezza uomo, non badano ai dati anagrafici di chi hanno di fronte né alla loro effettiva pericolosità e partecipazione ad azioni violente.

Una volta a casa ho realizzato quanto sia facile per tv e giornali far passare per vera l'interpretazione dei fatti più consona alle logiche del potere.
Hanno denigrato la protesta svuotandola di contenuti umani e politici, hanno inventato divisioni anziché sottolineare le differenze, sono riusciti a negare anche l'unico dato oggettivo su cui credevo non fosse possibile sorvolare: il numero dei partecipanti.

Ho imparato quant'è facile togliere uno zero e passare con leggerezza da 60mila a 6mila persone nonostante lo scarto sia davvero troppo per essere scambiato per una svista dell'inviato.

E che fare adesso? Oltre ai dibattiti più o meno eccentrici o egocentrici sui social network, oltre a scrivere appelli a politici sordi, oltre a raccogliere firme, organizzare comitati e manifestazioni pacifiche? Qual è l'alternativa in un paese tanto desideroso di avere un posto rispettabile in Europa da non accorgersi invece di quante analogie politiche e sociali ci siano tra l'Italia e alcuni Stati del Nordafrica?
Quel che è successo ieri a Chiomonte è conseguenza inevitabile della mancanza di reale ed efficace comunicazione e azione politica. Al popolo della Valsusa è stata negata la possibilità di decidere della propria vita e del proprio territorio attraverso strumenti democratici. L'unico confronto reso possibile dalle Istituzioni è stato quello tra agenti e popolazione, quindi tra chi è predisposto e programmato per eseguire ordini di natura fisica e chi invece necessiterebbe di azioni e strumenti politici.

Qualcosa - ormai dovrebbe essere chiaro - non quadra e non regge più.










2 commenti:

  1. ciao sono Gianluca un amico di Claudio l'educatore, come posso parlarti per una collaborazione?
    ti lascio la mia mail gianlucavitale80@gmail.com

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  2. Ciao, se puoi lasciarmi un recapito e-mail vorrei sciverti per avere la possibilità di ripubblicare questo post. Grazie

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